Vi racconto la mia isola: Ischia nascosta

Ischia, dove mare e terra si incontrano

Da molto tempo mi ripromettevo di iniziare una rubrica sull’isola di Ischia, per far conoscere angoli sconosciuti, per condurvi per mano sui sentieri di montagna che mi piacciono, per svelare i segreti degli ischitani, quelli che magari riguardano persino la spiaggia più affollata, ma che nessuno racconta. Insomma, non una guida, ma i consigli di una persona che sull’isola ci è nata e cresciuta e che ogni giorno se ne innamora nuovamente. Sarà un viaggio atipico, perché proverò a farvi viaggiare anche nel tempo, per farlo, ho deciso di partire da settembre e dalla tradizione contadina.

I tipici terrazzamenti dell'isola di Ischia con i vigneti affacciati sul mare

Ischia è un’isola di terra, l’avrò ripetuto mille volte, eppure ogni volta i miei interlocutori mi guardano stupiti. Su tutto, Ischia è un’isola di vigneti, le viti sono arrivate grazie ai greci già nel VII secolo a.C. e da allora gli ischitani non hanno mai smesso di fare vino. Nelle diverse zone dell’isola, i differenti microclimi hanno portato nel tempo alla coltivazione di di più varietà di uve, ma dappertutto i paesaggi sono fatti di terrazzamenti e muri a secco, le “parracine”, vedute sul mare e profumo di origano, finocchietto selvatico, rosmarino, ginestra, tutte le aromatiche che caratterizzano l’isola.

Come scrivevo qualche tempo fa su facebook, sono nipote di contadini, i miei nonni vendevano la frutta, allevavano maiali, polli e conigli, facevano il vino. Io sono una figlia di settembre e la vendemmia è la fatica di un anno. La vigna, di tutti i lavori della terra, è quella che richiede più cura: si pota, si seminano le fave, si zappa, si piantano canne e castagni per ricavarne pali di sostegno, salici per i “cutuli” per legare i tralci. In parallelo c'è il lavoro in cantina, fatto di pigiatura, botti e travasi. Il vino alla fine esprime terra e uomo. Il mio approccio al vino è quasi religioso, di profondo rispetto, perché il vino è fatica, è sudore. La vendemmia per me era la sfida con i miei cugini a chi riempiva più tini, la sensazione dei chicchi che scoppiavano sotto i piedi, il sapore del mosto, la confusione ordinata dei piccoli, l'impegno e l'attenzione dei grandi. Alla fine c'era la merenda della vendemmia, a Ischia significava bucatini col coniglio, insalata cafona e la parmigiana dolce di mia nonna. Oggi i miei nonni non ci sono più, papà ha tolto le viti, ma io avevo il desiderio di tornare a vendemmiare. 
Natale Sessa, un amico che ha studiato tecnologie alimentari e oggi si occupa a Ischia della sinergia tra vite e territorio che sfocia nell'uva prima e nel vino dopo, mi ha dato l’opportunità di partecipare a due vendemmie e di conoscere la splendida realtà delle case vinicole ischitane. La prima vendemmia è quella notturna di Chignole, delle Cantine Pietratorcia, una delle case storiche dell’isola, è la storia, la tradizione, una tavola a festa, la vendemmia della mia infanzia. Ma vi racconterò anche la vendemmia di Baiola, un progetto tanto giovane quanto interessante, un vino naturale che prende il nome dalla zona di produzione e nato come un sogno, traccia una strada nuova verso il futuro.

4 commenti:

  1. Quanto mi piace che tu abbia deciso di raccontare la nostra isola!

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  2. Hai delle capacità descrittive non comuni. Scrivi come una scrittrice. Mi piace lo stile.

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