La pastiera con la crema, simboli e significato

  
Amo la Pastiera perché è che è un dolce speciale: ricco di simbologia, da preparare proprio in questo periodo per celebrarlo.
La pastiera è un dolce lento, che richiede tempo e cura. In questo ruoto e nelle sue sette strisce si uniscono l'anima opulenta e insieme povera, multiculturale e insieme contadina della Campania.
La pastiera è ricca di uova, perchè la primavera è il periodo in cui le galline riprendono a fare le uova dopo la pausa invernale. Si usa la ricotta, preferibilmente di pecora, perchè in primavera, nascevano gli agnellini e quindi c'era disponibilità di latte. I pastori usavano il siero che avanzava dalla preparazione del pecorino per farne ricotta, che quindi era abbondante ed economica merce di scambio. Il grano, poi, è simbolo di rinascita da tempi antichissimi, in tante culture precristiane, da quella persiana a quella romana, i riti primaverili includono chicchi di grano fatti germinare, un dolce che celebra il passaggio alla bella stagione non può farne a meno. Ma la Pastiera non è solo il risultato "della stagione", non è solo eredità, la Pastiera è sincretismo: pura napoletanità. C'è la cannella, portata da terre lontane, c'è il profumo di arance e fiori d'arancio, anche questi portati dagli arabi. Le arance sono le ultime, regalo dell'inverno appena finito. I fiori di arancio sono il profumo della primavera, in questi giorni riempiono gli agrumeti di un odore che quasi stordisce, la campagna intorno casa mia ne è inondata. Infine, quello che potrebbe sembrare un dettaglio: i canditi. I canditi ci ricordano che questo dolce, come tanti altri della tradizione napoletana, è stato perfezionato nei conventi, dove si poteva usare lo zucchero in abbondanza. Io non amo i canditi, ma l'aroma che regalano rende impossibile ometterli, pena snaturare l'essenza della Pastiera.
Sono diversi anni che faccio la pastiera, quest'anno sono particolarmente soddisfatta del risultato, probabilmente perchè il mio papà mi ha detto che è la più buona che ha assaggiato, quindi riscrivo qui le piccole modifiche che ho apportato alla ricetta solita, per non dimenticarle.
Per tutti i dettagli sulla preparazione, vi rimando al vecchio post, ma prima vi auguro una Pasqua piena di significato come una Pastiera.
Pastiera napoletana con la crema pasticcera

Biang-biang noodles, ricetta cinese versione Ottolenghi


I biang biang noodles sono un piatto tipico dello Shaanxi, una regione della Cina centrale: si tratta di pasta fatta a mano, larga quanto le pappardelle italiane, solitamente condita con abbondante olio piccante. Ho assaggiato per la prima volta a Xian, la città dei guerrieri di terracotta durante un viaggio di lavoro: su instagram trovate il racconto del mio primo assaggio.
Oltre che dal condimento piccante e godurioso, sono rimasta colpita dalla tecnica con cui vengono realizzati questi "spaghetti stirati": il nome biang biang, secondo alcuni, viene dal suono che l'impasto produce quando viene "allungato" sbattendolo contro il piano di lavoro. Nel quartiere musulmano di Xian è pieno di negozietti che preparano noodles :)
Non mi sarei mai azzardata a farli, però se Ixta Belfrage, una delle cuoche che lavora con Yotam Ottolenghi, non li avesse postati nelle sue storie instagram. Il suo tutorial mi ha dato il coraggio di cimentarmi. Grazie Ixta!
Di seguito la ricetta completa tratta dalle sue storie, l'olio piccante e la salsa tahini sono state pubblicate entrambe sul Guardian da Ottolenghi. Sembrano complicate, ma hanno solo la lista degli ingredienti lunga, in più potete preparare tutto in anticipo e limitarvi ad assembrare il piatto al momento.

Biang biang noodles

I frollini occhio di bue di un pasticciere speciale




La pasticceria è stato il mio primo amore in cucina: ho iniziato a cucinare preparando dolci e non c’è nulla che mi piaccia più che ritrovarmi con le mani profumate di burro e vaniglia. Il profumo dei biscotti appena sfornati è in grado riconciliarmi col mondo e se la batte solo con quella del pane cotto nel forno a legna :) La mia non è solo golosità, perché l’alta pasticceria è scienza, adoro immergermi nella lettura delle ricette dei grandi pasticceri, strati di mousse, cremosi, bavaresi, glasse, preparazioni che richiedono precisione, rispetto di dosi e temperature, cura dei dettagli, ma che alla fine regalano dessert che sono viaggi nel gusto.
Ho avuto l’occasione di incontrare Antonino Maresca quando era il pastry chef del Ristorante Il Mosaico e sono rimasta folgorata nel vedere la sua estrema passione per l’arte dei dolci. Dopo anni, ricordo perfettamente il sapore di tutte le singole preparazioni,  l’intensità del sorbetto alle fragole, la golosità della ganache al pistacchio, la delicatezza della madeleine al basilico, ma sopratttutto l’armonia del dessert nel suo insieme, l’equilibrio raggiunto dai suoi dessert che sono così belli che sembra impossibile che possano anche essere così buoni :)
Da allora ho iniziato a seguirlo, ad ammirare la sua creatività e a rifare le sue ricette perchè quando un pasticcere mi emoziona, il mio modo di ringraziarlo è provare le sue ricette. La ricetta di cui vi parlo oggi è semplice e alla portata di tutti. È una frolla sablè con i tuorli sodi, una frolla friabile e delicata, perfetta per realizzare la piccola pasticceria da te. Questi biscottini sono perfetti per chiudere gli occhi e regalarsi cinque minuti di pausa, chi viene a prepararli con me?

Frollini occhio di bue con la pasta sablé ovis mollis di Antonino Maresca

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