Quello che mi appassiona della cucina è che, anche se c’è
chi mangia solo per nutrirsi, è possibile mangiare e nutrire anche la propria
mente, oltre che il corpo. La cucina è racconto: di un popolo, di un cuoco, di
un prodotto. La cucina è un trattato di storia e allo stesso tempo una
fotografia dell’istante. La cucina è emozione: quella di chi prepara il piatto,
ma anche quella di chi lo mangia e torna bambino o cresce ad ogni boccone.
Massimo Bottura, chef e patron dell'Osteria Francescana, tutto questo lo sa e, soprattutto, sa raccontarlo. Massimo
Bottura è diventato cuoco perché in cucina ha trovato la dimensione del suo
racconto, perché la sua cucina è arte moderna e lui sa emozionare con i
suoi piatti come con le sue parole.
Il suo libro, “Vieni in Italia con
me”, è un invito a mettersi in viaggio nel
proprio Paese, ma anche solo nella propria città, con gli occhi della
curiosità, con gli occhi del sogno, col desiderio di vedere l’invisibile.
“Vieni in Italia con me” non è il libro di un cuoco, è il racconto di un uomo,
è un manifesto dell’Italia bella, del nostro meglio.
È difficile raccontare
tutto quello che Massimo Bottura ha detto e dato durante la presentazione del
libro, così ho scelto di scrivere senza riguardare gli appunti che ho preso, ma
solo sull’onda dell’emozione che ancora provo a una settimana di distanza. Vi
lascio tre spunti. Il primo è che l’Italia ha un patrimonio immenso, una
cultura e una tradizione tali da schiacciarla, Bottura invita a guardare tutto
questo da dieci chilometri di distanza. Dieci chilometri servono a capire cosa
tenere e cosa migliorare, perché a volte rispettare significa anche avere il
coraggio di cambiare. Il secondo è che dovunque si vada, bisogna ricordarsi di
dire grazie a chi ci sta accanto e ci aiuta, che si tratti del proprio compagno
di vita o di lavoro, perché da soli si può fare ben poco. E io, come Massimo,
dico grazie anche a chi mi permette di andare in giro nel mondo e vantarmi dei
prodotti unici che si trovano in Italia, a chi fa una splendida Mozzarella di
Bufala o un Parmigiano Reggiano o una pasta eccezionali. La cucina per Bottura
è un gesto sociale, portare nel mondo il nostro patrimonio enogastronomico è il
suo modo di ringraziare e fare cultura. E qui vengo all’ultimo spunto
regalatomi da questo cuoco così geniale e creativo: è importante raccontare ai
ragazzi la nostra storia. È importante che lo facciano i cuochi andando negli
istituti alberghieri e spiegando cosa c’è dietro una goccia di aceto balsamico
invecchiato per 25 anni, ma è importante che lo faccia ognuno di noi,
raccontando la storia e le tradizioni, solo così potremo contribuire a far
crescere una generazione di sognatori prima e di innovatori poi.
Spero di
essere riuscita a raccontare che non si è trattato di un cuoco e delle sue
ricette, per questo voglio ringraziare Maurizio Cortese, che con la sua Cortese
Way ha saputo portare a Napoli Massimo Bottura e le sue storie, ma anche a
Donatella Bernabò Silorata e Santa Di Salvo per aver condotto me e tutti quelli
che erano alla presentazione di “Vieni in Italia con me” nel mondo di questo sognatore
visionario con grazia e curiosità.
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